L’economia dei contesti interno e internazionale, dopo i rimbalzi nella prima parte del 2015, ha manifestato rallentamenti nei mesi successivi e disomogeneità per le prospettive di breve periodo. Rallentamenti che si sono riflessi negativamente anche sull’industria orafa, nonostante i ben noti fattori di stimolo dell’economia assicurati da circostanze esterne (riduzioni dei prezzi dell’energia, bassi tassi di interesse, ampia liquidità finanziaria e per l’Eurolandia svalutazione dell’euro). L’operatività dell’industria italiana rimane debole perché continua a latitare – nel complesso e nel comparto orafo – l’attività d’investimento, che rappresenta il motore dello sviluppo, come hanno dimostrato recenti iniziative. Tra le più significative: Bulgari, Buccellati, il progetto della “scuola di arti e mestieri” ideato dalla fondazione Altagamma e altre anche nel campo della distribuzione. Iniziative fondamentali che negli anni recenti hanno saputo mescolare arte con scienza e digitale. Com’è noto, dalla crescita degli investimenti dipende la solidità della ripresa economica. Nel corso dei primi nove mesi 2015 le esportazioni italiane di gioielleria – rilevate dall’Istat in termini nominali – sono aumentate del +12% (rispetto al corrispondente periodo di un anno prima). Un aumento che però è dovuto, per una parte non trascurabile, all’inflazione delle materie prime preziose denominate in euro. Infatti nello stesso periodo (scalando di tre mesi l’intervallo tra l’acquisizione dei contratti di vendita e le spedizioni dei gioielli) si stima un rincaro in euro delle materie prime dell’ordine del +8/10%). Di conseguenza, la crescita dell’export dell’oreficeria in termini reali si può stimare intorno al +4/5%. Tant’è che le vendite di gioielli nei paesi dell’euro hanno segnato aumenti superiori alla media. Così la Francia ha quasi raddoppiato gli acquisti; Spagna +16,4%; Belgio +13%; Germania +9,9%. Oltre ad altri paesi europei: Romania +17,8%; Regno Unito +17,5%; Polonia +12,8%. I tre paesi al vertice della graduatoria dei principali acquirenti coprono più del 50% del totale. La Svizzera con un +20,3% ha portato la sua quota sul totale al 21,1%; gli Emirati Arabi sono in rallentamento (-12,1%), ma con una quota ancora elevata (16,8%); Hong Kong+Cina crescono di un +13,8% (quota 12,3%). Aumenti delle spedizioni anche nel nord America: Stati Uniti +10,7%; Messico +65,7%. Quanto alle provenienze dei gioielli esportati nel primi nove mesi 2015, emerge ancora una volta il rilancio delle esportazioni della gioielleria di eccellenza di Valenza Po +43,2%, grazie soprattutto al boom delle vendite alla Francia. Nuovo recupero per Vicenza (+5,4%); e per Arezzo nell’ultimo semestre (ma il complesso dei nove mesi rimane negativo, sia pure di poco -1,4%) A seguito dei ricordati movimenti, la quota di Valenza (27%) consolida il secondo posto nella graduatoria dei distretti esportatori, a ridosso di Arezzo (27,9%). Segue Vicenza con il 22,3%. Si è così ulteriormente rafforzato l’accentramento territoriale delle vendite all’estero di gioielleria dei tre principali distretti, raggiungendo quasi quattro quinti del totale. Nonostante il rallentamento dei consumi interni nei primi mesi autunnali, le importazioni hanno continuato a crescere a tassi elevati. Nei primi nove mesi 2015, +40,9% anno su anno, raggiungendo un livello che – in termini nominali – si è avvicinato ulteriormente alla metà dell’export.
(Franco Marchesini)