Sul finire del 2015 si è assistito a un colpo di coda della crisi economica internazionale. Recenti elaborazioni dell’Ocse stimano per il 2015 (e prevedono per il 2016) rallentamenti quasi generalizzati dei tassi di crescita dell’economia nei paesi industriali ed emergenti (India esclusa), confermati anche dal World Economic Outlook del Fondo Monetario Internazionale. Un ridimensionamento dell’economia che si è riversato – soprattutto nella seconda metà del 2015 – anche sulla congiuntura dell’industria italiana della gioielleria e di altri settori dell’alto di gamma. Infatti nel singolo mese di dicembre 2015 le vendite all’estero di gioielleria, rilevate dall’Istat in termini nominali, sono rimaste quasi stazionarie sul livello di un anno prima. Nell’intero anno 2015 le esportazioni sono aumentate del +9,2%. Un aumento che per una parte ingloba l’inflazione delle materie prime preziose denominate in euro; nell’altra rappresenta la crescita in termini reali (stimata intorno al +6%). La quasi totalità dei gioielli esportati proviene dai noti distretti orafi, veri motori d’innovazione. In questi luoghi si sono consolidate proficue relazioni con i rispettivi sistemi regionali, università e centri di servizi efficienti. Naturalmente sono differenziate le dinamiche delle vendite dei vari poli. Nel corso del 2015 è emerso ancora una volta il rilancio delle esportazioni della gioielleria di eccellenza di Valenza Po +30,6%, grazie soprattutto al boom delle spedizioni in Francia, seguendo una linea diretta virtuosa: da Valenza (dove produce la maison Bulgari) a Parigi (dove operano i centri dell’organizzazione e della distribuzione). Nuovo recupero per Vicenza (+4,1%); e anche per Arezzo nell’ultimo semestre (ma il complesso dei dodici mesi rimane negativo, sia pure di poco (-1,1%) A seguito dei ricordati movimenti, la quota di Valenza (25,7%) consolida il secondo posto nella graduatoria dei distretti esportatori, a ridosso di Arezzo (28,2%). Segue Vicenza con il 22,6%; Milano (11,2%). Più contenute le quote di Roma (0,9%) e Napoli (0,3%). In definitiva, dai quattro principali distretti parte quasi il 90% delle vendite all’estero. Nella graduatoria dei principali paesi acquirenti, la Svizzera rimane in testa (con una quota del 20,2 %), anche se negli ultimi mesi ha attenuato il suo tasso di crescita (la rivalutazione del franco ha frenato le ri-esportazioni di gioielli dalla Confederazione). Ridimensionate le vendite agli Emirati Arabi (-11,8%; quota scesa al 17%), anche qui per effetto del calo delle ri-esportazioni nelle economie emergenti e delle difficoltà finanziarie connesse con la perdurante debolezza del mercato del petrolio. Per contro, di nuovo in crescita (+12,2%) gli acquisti di Cina+Hong Kong (quota al 12,5%) nonostante il diffuso rallentamento dei consumi in Cina. Ma l’exploit del 2015 spetta alle esportazioni verso la Francia (+60,9%), stimolato dagli investimenti di operatori francesi in terra valenzana. La Francia ha così consolidato il quinto posto (8,6% del totale) nella graduatoria dei principali paesi di destinazione, a ridosso degli Stati Uniti (9,2%). In definitiva l’accentramento delle esportazioni di gioielleria nei primi cinque paesi sopra elencati ha raggiunto il 67,5%. Comunque, il grosso delle vendite (oltre la metà del totale) è destinato ai paesi di “smistamento” che, a loro volta, riesportano per ragioni di dazi concordati, di trattamenti fiscali, di sicurezza. Nella seconda parte del 2015 si sono notati rallentamenti anche nei tassi di crescita del mercato italiano (+3,9%), nonostante la stagionale ricostituzione delle scorte presso la lunga catena distributiva. Ridimensionato, ma ancora elevato, il flusso delle importazioni. Nell’intero anno l’aumento è stato del +29,9%, raggiungendo una cifra che sfiora il 40% delle esportazioni (era il 16% nel 2000).
(Franco Marchesini)