Su scala internazionale le rilevazioni e le stime del Fondo Monetario Internazionale pubblicate nella seconda metà di luglio 2016 hanno comportato diffuse rettifiche verso il basso degli aumenti (già limitati) del PIL sia dei paesi industriali, sia di quelli emergenti. E quindi con effetti negativi sul commercio internazionale e sulla domanda di oro da parte dell’industria orafa mondiale. Per quest’ultima, è il terzo anno consecutivo di arretramenti. Il World Gold Council nel primo semestre 2016 ha rilevato (nei raffronti anno su anno) cali del -14% in quantità (dopo quelli del 2015: -2,7% e del 2014: -7,2%). Per la prima parte dell’anno in corso il WGC indica arretramenti generalizzati (in quantità) nei vari paesi: India -31,8%; Cina+Hong Kong -14,2%; Arabia Saudita -20,2%; Egitto -37,4%; Emirati Arabi -17,4%; Turchia -20,9%; Russia -19,2%. Relativa stazionarietà per altri paesi (Italia, Stati Uniti, Regno Unito e Giappone).
Per l’intera economia italiana i rallentamenti sono stati quantificati dalle rilevazioni dell’Istat e dalle analisi della Confindustria. Sia pure con disomogeneità tra le variabili economiche, sono indicate – nel complesso – riduzioni dei tassi di crescita per ordinativi, produzione, consumi, esportazioni e investimenti. Riduzioni che hanno determinato – tra l’altro – un peggioramento del clima di fiducia (delle imprese e dei consumatori) e una nuova selezione nelle erogazioni del credito bancario (nonostante l’ulteriore ridimensionamento dei tassi di interesse, scesi ai livelli più bassi della storia economica moderna). La prolungata crisi finanziaria e il suo coinvolgimento negativo sull’economia reale hanno ridotto e continuano a ridurre le disponibilità finanziarie delle famiglie; riduzioni che hanno reso più difficile la formazione del risparmio (per le famiglie che riescono nell’intento). Di qui l’inevitabile selezione degli acquisti di beni di consumo. E, in seconda battuta, dei peggioramenti della produttività e della competitività delle imprese produttrici.
Dalle nuove evidenze empiriche, per l’Italia sembrerebbe plausibile ipotizzare il 2016 un anno perduto per l’atteso rilancio dell’economia reale (nonostante gli impegni assunti dal “G20 finanziario” – luglio 2016 – a utilizzare “tutti gli strumenti per raggiungere una crescita forte, sostenibile ed equilibrata”). Per memoria, il livello attuale del PIL italiano è inferiore di un -8,5% a quello pre crisi del 2008 (Banca d’Italia).
Le deludenti performance dei contesti economici e i costi (ancora elevati) delle materie prime preziose si sono ripercosse inevitabilmente sui vari comparti dell’industria orafa. In particolare, nei primi 5 mesi 2016 l’Istat ha rilevato un arretramento delle esportazioni (in termini nominali) del -8,4% rispetto al corrispondente periodo di un anno prima. Una flessione che comunque lascia invariata (intorno al 4%) la quota delle esportazioni italiane di gioielleria nel mondo (era intorno all’11% alla fine degli anni novanta). Com’è stato segnalato in precedenti note, i rincari delle materie prime preziose hanno ristretto la base della piramide delle classi dei consumi di gioielleria. Di conseguenza, anche i produttori italiani tendono a ridurre l’impiego di componenti preziosi per poter ridimensionare i prezzi finali di vendita dei gioielli. Nei primi 5 mesi 2016 il valor medio unitario delle vendite all’estero si è ridotto del -27% (anno su anno).L’arretramento dell’export (in valore) nei primi 5 mesi 2016 è da attribuire prevalentemente ai cali degli acquisti dei principali paesi clienti: Svizzera -13%; Emirati Arabi -17,1%; Cina+Hong Kong -13,3%; Francia -27,6%; Turchia -3,3; Germania -2,3%. Per contro, continuano a recuperare gli Stati Uniti +10,7% e Regno Unito +21,6%.
Nonostante le ripetute sollecitazioni degli esperti del settore tese a diversificare i mercati di sbocco, le esportazioni rimangono accentrate in poche aree. Quasi due terzi del totale sono inviate a cinque paesi e quasi la metà a tre paesi soltanto.
(La redazione di questa nota è stata completata con i dati disponibili all’11 agosto 2016).
(Franco Marchesini)