di Laura Inghirami
31 maggio 2021
Fin dai tempi del grande Giotto, a cui fu riconosciuto il merito di eguagliare in valore e maestria le opere degli antichi maestri greci e romani, si andò diffondendo in Italia il desiderio di far rinascere la magnifica arte del passato. L’antica Roma era stata per lungo tempo il centro del mondo civile e, nel cuore degli italiani, ardeva intensamente il desiderio di far rifiorire una tradizione gloriosa, ispirandosi agli insegnamenti dei più grandi maestri. Ebbe così inizio il Rinascimento, una nuova era di ineguagliabile splendore, segnata da una grande rivoluzione artistica e destinata a diffondersi presto in tutta Europa.
Agli inizi del Quattrocento nacquero a Firenze, ricco centro mercantile del tempo, talenti come Brunelleschi, Botticelli, Donatello e Masaccio. Il Cinquecento fu poi il secolo di grandi artisti italiani come Michelangelo, Raffaello, Tiziano, Leonardo da Vinci e Benvenuto Cellini. Non ci è dato sapere come sia possibile che così tanti talenti siano sbocciati nello stesso periodo, dando vita ad un’impareggiabile magnificenza artistica. Infatti, come osserva lo storico Ernst H. Gombrich, “Non si può spiegare la nascita del genio. È meglio limitarsi a goderne”.
É sempre in Italia, in un periodo di tale prosperità artistica e intellettuale, che ebbe inizio la storia del gioiello rinascimentale, in un periodo in cui il resto d’Europa era ancora legato alle convenzioni del Gotico. Numerosi erano i materiali utilizzati per la realizzazione di splendidi gioielli: oro, argento, pietre preziose, perle, pelle, cera, seta e lino. Poiché, purtroppo, solo una piccola parte di tali meraviglie è sopravvissuta fino a noi, il miglior modo per investigare la storia del gioiello rinascimentale è osservare i ritratti della nobiltà dell’epoca. Le classi dominanti amavano infatti farsi raffigurare indossando lussuosi gioielli per ostentare la propria ricchezza e il proprio elevato rango sociale.
Testimonianza del gioiello rinascimentale e della sua simbologia giunge a noi dal celebre pittore e architetto italiano Raffaello Sanzio. Nel suo dipinto Ritratto di Maddalena Doni la gentildonna raffigurata, appartenente all’alta borghesia fiorentina, indossa abiti realizzati con stoffe pregiate e preziosi gioielli, tra cui spicca un meraviglioso pendente in oro, su cui poggiano un rubino, uno smeraldo, uno zaffiro e una perla, elementi che per tradizione simboleggiano la purezza e la fedeltà coniugale. Osservando attentamente il gioiello si può riconoscere la figura di un piccolo unicorno che avvolge lo smeraldo. Se l’animale è simbolo di castità, allo stesso tempo lo smeraldo, gemma di Venere, dea dell’eros, rappresenta un augurio di fertilità.
I gioielli potevano simboleggiare anche le qualità intellettuali di chi li indossava. Emblema di tale simbologia è un altro affascinante dipinto a opera di Raffaello: Ritratto di Elisabetta Gonzaga. Moglie di Guidobaldo da Montefeltro, duca di Urbino, Elisabetta non era considerata soltanto l’ideale di bellezza del suo tempo, ma anche una donna di grande cultura e ingegno. È interessante soffermarsi sul sublime gioiello che indossa sulla fronte, a forma di scorpione: da un lato l’animale rappresenta la virtù in opposizione alla violenza (la leggenda narra infatti che lo scorpione si suicidi in situazioni di pericolo), dall’altro il diamante, posto in tal posizione, rappresenta l’acutezza dell’intelletto della nobildonna.
Altrettanto affascinante è il Ritratto Ideale di Donna, a opera del leggendario pittore italiano Sandro Botticelli, noto in tutto il mondo per aver creato alcune delle immagini femminili più incantevoli del Rinascimento. Un interessante aneddoto narra che il suo stesso soprannome rimandi proprio all’arte orafa. Infatti, secondo l’artista Giorgio Vasari, il soprannome di Alessandro Filipepi deriverebbe da tal Botticello, orefice presso la cui bottega egli si sarebbe formato. Nel ritratto i gioielli della giovane, identificata con Simonetta Vespucci, musa dell’artista, sono rappresentati con straordinaria precisione. Un gran numero di perle adorna la chioma della gentildonna che indossa al collo un cammeo finemente riprodotto, emblema della diffusa passione per gli antichi cammei romani, oggetti di grande interesse per gli umanisti di quel tempo. L’Italia rinascimentale fu quindi anche maestra nella realizzazione di cammei ispirati all’antichità.
“Le opere del passato sono come i fiori da cui le api traggono il nettare per fare il miele” scrisse il poeta Petrarca. La riscoperta dei tesori classici e la reviviscenza della tradizione artistica antica in ogni sua forma è testimoniata anche da uno dei più famosi dipinti di Sandro Botticelli: La Primavera. L’opera, trionfo di grazia e bellezza, si trovava nella dimora di Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici, cugino di Lorenzo il Magnifico. Nel quadro sono rappresentate nove figure della mitologia classica tra cui, al centro, Venere. La dea indossa una collana che richiama, per la sua forma, un antico gioiello indossato dalle donne romane come amuleto di fertilità: la lunula. Le tre Grazie, ancelle di Venere, indossano invece delle spille, perfetto esempio di gioiello rinascimentale, composte da foglie d’oro smaltate, perle e pietre preziose.
Certamente le corti di nobili famiglie come i Medici a Firenze, gli Sforza a Milano e gli Este a Ferrara, dove venivano accolti i migliori artisti e letterati, favorirono un grandioso sviluppo artistico. “Fu veramente per le persone d’ingegno un secol d’oro” scrisse Giorgio Vasari nel 1568. La moda del tempo era dettata da donne influenti come Isabella d’Este, considerata da molti una vera e propria “influencer ante litteram”, ed Eleonora Di Toledo, icona di eleganza e grande amante delle perle, come testimoniato dall’opera di Agnolo Bronzino che la raffigura insieme al figlio Giovanni de’ Medici mentre ne indossa un gran numero, come simbolo di purezza.
Dopo le corti d’Italia, anche in quelle di tutta Europa si diffuse una passione sempre maggiore per gioielli di eccezionale bellezza. In particolare, grazie alle scoperte nel Nuovo Mondo, divennero sempre più di moda nelle classi dominanti europee oro, diamanti, perle e pietre preziose. Cristoforo Colombo trovò, infatti, ingenti risorse al largo della costa del Venezuela durante il suo viaggio in America nel 1498. Poco dopo, intorno al 1500, ne furono scovate enormi quantità anche nei templi e nei palazzi dell’Impero azteco, distrutti da Hernàn Cortès e dai suoi uomini. La Spagna ottenne così il primato nel commercio dell’oro.
In Inghilterra, nello stesso periodo, i gioielli venivano ostentati come rappresentazione dell’immenso splendore del regno di Enrico VIII che, al momento della sua morte, possedeva novantanove anelli di diamanti e un patrimonio sconfinato di gioielli di altissimo valore. Anche la figlia Elisabetta I, come il padre, continuò a farsi raffigurare indossando innumerevoli perle, diamanti e gioielli la cui importanza sociale era universalmente riconosciuta.
Alla corte di Francia, invece, Francesco I, affascinato dal Rinascimento italiano, invitò alla sua corte alcuni dei migliori artisti tra cui Leonardo da Vinci, Benvenuto Cellini e Matteo del Nassaro. Il sovrano, in particolare, nutriva una forte passione per i gioielli per cappelli, o enseignes, uno degli accessori più caratteristici del Rinascimento, di origine italiana e risalente circa alla metà del Quattrocento. Ma la produzione per cui la Francia non ebbe eguali in quel periodo fu quella di miniature in splendidi medaglioni che potevano avere valore sia celebrativo, sia sentimentale.
Come già detto, il gioiello nel Rinascimento ha vissuto un periodo di splendore ma, parallelamente, anche l’artista ha visto rivalutata la propria condizione sociale. Se nell’età classica le opere manuali erano considerate umili e meno lodevoli rispetto all’impiego dell’intelletto, uomini come Leonardo da Vinci e Benvenuto Cellini dimostrarono il contrario. Durante il Quattrocento e il Cinquecento, infatti, l’artista divenne un vero e proprio Maestro, una figura nobilissima che, come scrive Gombrich, “non poteva raggiungere la fama e la gloria senza esplorare i misteri della natura e ricercare le leggi segrete dell’universo”. L’artista non era più solamente un proprietario di bottega ma un uomo di grande sapienza e talento, in grado di accrescere con la propria arte la meraviglia e l’armonia del mondo.
Così come i grandi artisti del passato, anche gli eccellenti talenti contemporanei, che più di chiunque altro incarnano la bellezza e la forza della nostra tradizione ma la cui voce è spesso inascoltata, devono tornare ad essere figure centrali della nostra cultura perché in grado di ridare grande dignità all’arte, all’artigianalità, alla nostra identità e a quell‘ideale profondo di rinascita e di amore per il passato che ha segnato l’apice dello splendore culturale della nostra civiltà nel Rinascimento.
Referenze
Cappellieri A. (2014, August 29). Gioielli sentimentali. Gioielli.
Gombrich, E. H. (1973). La storia dell’arte raccontata Da E.H. Gombrich. Leonardo arte.
Hackenbroch, Y. (1979). Renaissance Jewellery. Sotheby Parke Bernet Publications.
Mirabella, B. (2016). Ornamentalism: The Art of Renaissance Accessories. University of Michigan.