di Laura Inghirami
27 gennaio 2022
I letterati umanisti furono i primi a delineare il concetto di Medioevo come “età di mezzo” tra la fine dell’età antica e l’inizio dell’età moderna. Il giudizio su questo lungo arco temporale di circa mille anni, che convenzionalmente ha inizio con la caduta dell’Impero Romano d’Occidente (476 d.C.) e termina con la scoperta del Nuovo Mondo (1492 d.C.), era certamente negativo, in quanto l’antichità classica era vista come un perfetto modello di società che era andato tristemente perduto. La cultura e l’arte di questi dieci secoli, agli occhi degli intellettuali, scomparivano nelle tenebre di un’epoca a parer loro buia e oscura. Nei secoli successivi, e in particolare in età romantica, si iniziò a rivalutare positivamente il Medioevo, e anche l’arte medievale fu riscoperta e osservata con uno sguardo diverso.
L’arte orafa del Medioevo ha accompagnato le numerose evoluzioni sociali e culturali di questi dieci secoli di storia, facendosi portavoce dei numerosi incontri e scambi tra culture diverse. A seguito del crollo dell’Impero Romano d’Occidente, infatti, il popolo romano subì l’invasione di diverse popolazioni barbariche, tra cui Vandali, Visigoti, Ostrogoti, Anglosassoni, Franchi e Vichinghi. Se da un lato questi popoli assorbirono in parte la cultura romana, permettendo così alla tradizione classica di perdurare sotto molteplici aspetti – tra cui l’arte dei metalli nobili con le sue tecniche e lavorazioni peculiari – dall’altro essi apportarono un contributo significativo con la propria arte. Ciò che accomunava il gusto delle diverse culture barbariche era la predilezione per gioielli funzionali, come dimostrato dalle numerose spille giunte fino a noi, e l’amore per l’utilizzo del colore. Inoltre, gli “invasori” indossavano ornamenti preziosi come simbolo di status sociale e attribuivano spesso ad essi una funzione magica, come nel caso dei sofisticati decori per le armi che servivano a proteggere i combattenti durante le battaglie.
Nell’800 d.C. Carlo Magno, re dei Franchi e dei Longobardi, fu incoronato imperatore del Sacro Romano Impero dal pontefice Leone III. Secondo quanto riportato dallo storico Eginardo, l’imperatore era solito presentarsi con “una veste tessuta d’oro, le scarpe ingemmate, il mantello chiuso da una fibbia d’oro”, oltre che “ornato di un diadema d’oro ingemmato”. Assai celebre è il talismano di Carlo Magno, un pendente in oro con granati, smeraldi, perle e zaffiri, in cui sono racchiusi un frammento della croce di Cristo e una ciocca di capelli della Vergine Maria. L’imperatore attribuiva a tale gioiello un valore di protezione divina talmente importante che volle farsi seppellire insieme ad esso. La sontuosa gioielleria carolingia rappresenta il connubio perfetto tra l’arte barbarica e l’arte bizantina. Infatti, il gusto occidentale fu influenzato dalla magnificenza e ricchezza della gioielleria dell’Impero Romano d’Oriente. Ne subì profondamente il fascino, e questa inclinazione andò rafforzandosi sempre più nel tempo.
Come testimoniano i sofisticati monili indossati da Carlo Magno e dalla nobiltà alla sua corte, i gioielli simboleggiavano lo status sociale di chi li indossava, e nel caso del sovrano rappresentavano l’autorità conferitagli da Dio. Nell’Europa medievale, la Chiesa e la religione cristiana furono certamente un elemento fondamentale per lo sviluppo dell’arte e dell’oreficeria. Ebbero infatti una grande diffusione gioielli religiosi come medaglioni e crocifissi, e fu proprio il legame con il cristianesimo che, nel tempo, portò a maturare un sentimento negativo nei confronti dell’ostentazione di ornamenti lussuosi, visti come un tentativo del demonio di distrarre le anime dai valori spirituali attraverso frivoli beni materiali. Per questo motivo l’utilizzo di abbondanti pietre preziose fu gradualmente sostituito da uno stile più sobrio. Nel XIII secolo furono infatti emanate delle leggi suntuarie nei confronti dei comuni cittadini, volte a frenare il lusso, che permettevano però ancora al ceto aristocratico di indossare un gran numero di gioielli e ornamenti preziosi.
Nonostante la condanna morale allo sfarzo, il gioiello e le pietre preziose acquisirono un significato cristiano nell’arte e in numerosi trattati. Secondo lo scrittore Alberto Magno, lo zaffiro “genera pace e concordia, fa l’animo puro e devoto a Dio, conferma l’anima nelle buone opere”. Inoltre, alcuni passi del Vangelo portarono a considerare le perle come simbolo di perfezione e ad associarle al Regno dei Cieli. Ad esempio, una parabola di Matteo (13,45-46) racconta la storia di un mercante che “trovata una perla di grande valore” vendette tutto ciò che aveva per possederla. La perla è stata interpretata come la parola di Dio. L’Apocalisse di San Giovanni così narra riguardo alla Gerusalemme Celeste (21: 21): “Le dodici porte erano dodici perle, ciascuna delle porte era formata da una sola perla, e la piazza della città era di oro puro, come di cristallo trasparente”. È inoltre importante l’associazione della perla con la purezza della Vergine Maria.
A partire dal XIII secolo, il sorgere di un nuovo modello di società basato sulla città e l’affermarsi di una nuova classe mercantile stravolsero la produzione artistica e le sue modalità. L’arte orafa si distaccò progressivamente dall’esclusivo uso liturgico e aristocratico, indirizzandosi verso una nuova clientela. Si delineò una nuova dimensione in cui gli artigiani iniziarono a lavorare autonomamente nelle proprie botteghe, e a produrre con maggiore intensità una gioielleria dallo stile elegante, raffinato e creativo, ponendo così le basi per la magnifica arte orafa rinascimentale. La fioritura di attività e botteghe artigiane fu accompagnata dalla nascita delle corporazioni (chiamate anche Arti, Mestieri, oppure Gilde nei paesi di lingua germanica) ovvero associazioni di quanti svolgevano una determinata professione, tra cui quella di orefice. Sant’Eligio era riconosciuto dagli orefici come proprio patrono. Il Santo, infatti, fu spesso raffigurato all’interno di una bottega, circondato da gioielli e strumenti di oreficeria.
Se per molti secoli il Medioevo e la sua arte sono stati interpretati solamente come un “intervallo” tra la gloria dell’antichità classica e la sua rinascita, oggi gli studiosi concordano nell’affermare che questi dieci secoli ebbero invece una grande importanza sotto ogni aspetto culturale. L’arte orafa medievale riflette una storia di potere, in cui la lotta per la supremazia e la vanità dei sovrani e della nobiltà sembravano inesauribili; racconta le credenze magiche delle popolazioni, che necessitavano di appiglio e protezione per affrontare le guerre e le vicissitudini della vita; narra il rapporto con la religione, in particolare il cristianesimo, e l’universo di valori ad esso legati che modificarono in profondità il modo di pensare e di vivere. Racconta, in conclusione, le nostre radici.
Foto in evidenza: Teodolinda, regina consorte dei Longobardi, sposa Agilulfo (dettaglio)
Affresco della Cappella di Teodolinda degli Zavattari del Duomo di Monza, 1444
Riferimenti
Casu, F. (2018). Il gioiello nella storia, nella moda, nell’arte. Europa Edizioni.
Chadour-Sampson B. (2013). Perle. Victoria and Albert Museum, London: V&A Publishing.
Lenti, L., & Bemporad, D. L. (2001). Gioielli in Italia: sacro e profano dall’antichità ai giorni nostri: atti del convegno di studio.
Malaguzzi, S. (2007). Oro, gemme e gioielli. Mondadori Electa