Una storia di famiglia, creatività e successo, in continua evoluzione: Barbara Lebole, responsabile vendite, marketing e comunicazione di Lebole Gioielli, ha presentato a Milano il nuovo brand InLebole, illustrandone finalità e progetti.
Partiamo dal lancio del vostro nuovo brand, In Lebole. Non rischia di creare confusione? Al contrario. Abbiamo voluto differenziare chiaramente due produzioni – Lebole Gioielli e, appunto, In Lebole – caratterizzate dalla medesima creatività e accuratezza, ma realizzate con differenti materiali e tecniche e dunque con prezzi molto diversi: sotto i 50 euro per In Lebole, tra i 100 e i 450 euro per Lebole Gioielli.
Quindi In Lebole sarà il brand di riferimento per collezioni particolari? In Lebole comprenderà le tre collezioni meno costose, con gioielli più veloci, ripetibili, destinati a un pubblico più ampio: The Circle, gli orecchini tondi realizzati col dischetto metallico dei tappi di champagne; The Tag, i gioielli basati su due etichette di vestiti accoppiate tramite vulcanizzazione; The Shape, anche in questo caso sagome ricamate a telaio ma imbottite, a creare gioielli tridimensionali.
Prevedete iniziative ad hoc? Certamente. Stiamo organizzando le “Lebole Week”, che coinvolgeranno a rotazione tutti i nostri punti vendita, con vetrofanie dedicate e una promozione decisamente accattivante: per ogni paio di orecchini In Lebole acquistati, il cliente riceverà in dono una collanina della collezione The Shape, imbottita con gommapiuma e sale, che tradizionalmente scaccia la negatività e porta fortuna. Abbiamo studiato anche un pay off dedicato, “Ho un debole per la donna In Lebole”.
Pay off che declina al femminile quello, celeberrimo, che negli anni ’60 contribuì al successo degli abiti Lebole… Mio nonno, Mario Lebole, ebbe la doppia intuizione di rendere accessibile a tutti l’abito intero maschile e di pubblicizzarlo sia con campagne stampa sia nel mitico “Carosello” televisivo. Una scelta, quest’ultima, che non era affatto normale per il settore dell’abbigliamento in quegli anni. In Lebole segue un po’ lastessa filosofia: orecchini dal design inconfondibile ma a unprezzo accessibile a tutti, ampiamente pubblicizzati sulle testate di riferimento e anche tramite canali ancora poco sfruttati dal mondo del gioiello e del bijou. Per esempio saremo presenti nel prossimo catalogo Esselunga. Per noi la comunicazione è stata e resta fondamentale.
Come nascono le vostre collezioni? In realtà né io né mia mamma pensavamo ai gioielli: gestivamo, e con soddisfazione, un negozio di antiquariato in centro ad Arezzo. Durante un viaggio in Giappone mia mamma acquistò sete antiche e Paolo Perugini, l’artista che al momento ospitavamo in negozio con una personale, propose di rivestire con quelle stoffe meravigliose piccole sagome di legno, tramite un particolare procedimento, creando orecchini asimmetrici. Il successo fu travolgente. Ancora oggi mia mamma disegna tutti i pezzi In Lebole, mentre, per quanto riguarda Lebole Gioielli, le creazioni sono perlopiù il frutto del continuo dialogo tra lei e Paolo Perugini. Alcune collezioni sono disegnate dallo stesso Perugini. Ma ogni nostra collezione ha una storia da raccontare.
In che senso? Nessuno inventa dal nulla. L’ispirazione può venire da un viaggio, da una vicenda personale, o da esperienze e sensazioni sedimentate: ogni nostro gioiello è in qualche modo legato al nostro vissuto e merita di essere spiegato e raccontato.
Quanto la lunga esperienza nel mondo dell’antiquariato ha influito su questa vostra nuova attività? L’attenzione all’arte in ogni sua forma, da quella antica a quella contemporanea, ha sicuramente influito sul nostro sguardo, affinato il gusto, ampliato orizzonti e curiosità. Tuttavia, cambiarecompletamente settore, modalità di lavoro e distribuzione per entrare in logiche di mercato completamente differenti ci ha dato una libertà totale e una ricchezza di stimoli sempre nuovi. Non abbiamo mai guardato al passato, magari rimpiangendo i “tempi d’oro” pre-crisi, né siamo mai state legate al mondo un po’ paludato della gioielleria classica, che solo raramente sa liberarsi dai vecchi schemi. E, naturalmente, i bijoux consentono una maggiore libertà creativa, proprio in considerazione dei materiali e dei costi di lavorazione.
A proposito di lavorazione, la produzione è effettivamente “Made in Italy”?Totalmente. Avendo base ad Arezzo, possiamo avvalerci di unaserie di laboratori orafi del distretto, riuscendo inoltre ad avere ilcontrollo su ogni fase della lavorazione.
Avete in programma un’espansione anche all’estero? Per ora continueremo a concentrarci sull’Italia, dove stiamo raccogliendo grosse soddisfazioni, ma a fronte di un impegno che assorbe tutte le nostre energie: nel 2018 abbiamo registrato un aumento del fatturato del 45% sull’anno precedente e ad oggi siamo presenti su tutto il territorio nazionale con 480 negozi, perlopiù gioiellerie. L’estero al momento non può rientrare nelle nostre priorità.