Nei primi mesi 2015 le variabili positive dei contesti economici si sono rafforzate. Nel complesso, anche la congiuntura dell’industria italiana della gioielleria ne ha potuto beneficiare.
Infatti il settore è in recupero. E’ un recupero ancora parziale e determinato da evidenti necessità di ampliamenti del catalogo dell’offerta e di ricostituzioni di scorte presso la distribuzione. Nell’anno in corso, la congiuntura potrebbe beneficiare dei noti fattori interni ed esterni che possono accrescere la domanda aggregata. Tra i più significativi: un sia pure limitato alleggerimento delle imposte alle imprese; il ridimensionamento del prezzo del petrolio (con la ricaduta positiva sul reddito delle famiglie e delle imprese); l’allentamento quantitativo della politica monetaria; la riduzione (storica) dei tassi di interesse; la rianimazione dell’erogazione del credito; il miglioramento qualitativo e quantitativo del mercato del lavoro. Inoltre i ridimensionamenti dei prezzi delle materie prime preziose e del valore dell’euro hanno contribuito da un lato ad allargare la base della piramide dei potenziali consumi di gioielli e dall’altro ad accrescere la competitività di prezzo dei prodotti italiani (nonostante gli effetti di segno opposto derivati dall’accresciuto costo delle materie prime importate).
Le esportazioni di gioielleria rilevate dall’Istat nel primo bimestre 2015 hanno continuato a crescere in termini nominali (+2% anno su anno); più contenuta la crescita in termini reali (al netto del rincaro delle materie prime preziose quotate in euro a causa della rivalutazione del dollaro a cavallo tra il 2014 e il 2015). Molto più consistente l’aumento delle importazioni (+23,3%) per effetto del recupero della domanda interna nei mesi più recenti. Un recupero che ha trascinato l’import a un livello che è quasi il 40% dell’export.
Peraltro, su scala internazionale la domanda di oro da parte dell’industria orafa mondiale ha segnalato un ulteriore arretramento nel primo trimestre 2015. Dalle rilevazioni del World Gold Council emerge un calo – anno su anno – del 3% in quantità. Un ridimensionamento che è la risultante di andamenti diversi (e talora contrapposti) da paese a paese utilizzatore. Così, ai cali segnalati per Russia (-40%), Turchia (-28%), Cina+Hong Kong (-11%), Emirati Arabi (-8%), Giappone (-7%), Italia (-7%), si contrappongono aumenti per India (+22%), Stati Uniti (+4%), Regno Unito (+4%).
Le statistiche relative alla domanda mondiale di oro grezzo e di gioielleria sono – a dir poco – incerte a causa della “riservatezza” delle dichiarazioni degli operatori di alcuni paesi. In particolare, di Cina e India che, stando alle rilevazioni del WGC, coprirebbero, insieme, circa due terzi del consumo mondiale (in quantità). In aggiunta, le ampie (e spesso opposte) variazioni della domanda mondiale di oreficeria in termini di quantità (tonn) e di valore (dollari) hanno creato le ben note difficoltà interpretative per la sintesi dell’analisi congiunturale negli ultimi tempi. Tant’è che il WGC nell’ultimo rapporto trimestrale ha pubblicato esclusivamente (o quasi) le tabelle espresse in tonnellate.
Naturalmente per il proseguimento della tendenza di recupero operativo dell’industria italiana della gioielleria occorre un consolidamento della fiducia delle imprese, portando le stesse ad un aumento degli investimenti. Già nell’ultimo anno, l’attività d’investimento (per lo sviluppo dei processi e dei prodotti) in alcuni settori del Made in Italy ha riportato i ricavi aziendali su livelli pre crisi (soprattutto grazie al rilancio delle vendite all’estero). “Senza investimenti il motore globale dello sviluppo perde colpi e la navigazione diventa meno governabile tra i marosi di una finanza planetaria mai così abbondante eppure poco vicina all’economia reale”.
(Franco Marchesini)